Il Contratto di Vendita di Beni di Consumo

Post on 16 Novembre 2015
by Avv. Nicola Ferrante

Il nostro legislatore, al fianco della vendita generalmente regolata dal c.c. agli artt. 1470 ss., disciplina anche la vendita di beni di consumo agli artt. 128 ss. codice del consumo (d. lgs. n. 206 del 2005): quest’ultima costituisce una normativa di derivazione comunitaria perché recepisce nel nostro ordinamento giuridico la direttiva n. 1999/44/CE, inerente «taluni aspetti dei contratti di vendita e delle garanzie concernenti beni di consumo».

Fondamentale, dunque, è analizzare in primo luogo l’ambito applicativo della disciplina in esame. Dal punto di vista soggettivo essa è destinata a operare nel caso in cui il venditore sia una persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della sua attività imprenditoriale e nel caso in cui il compratore sia un consumatore, inteso quale persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta. Dal punto di vista oggettivo, i contratti assoggettati al regime della vendita di beni di consumo sono, oltre alla vendita, anche la permuta, la somministrazione, l’appalto, il contratto d’opera e, più in generale, il contratto avente a oggetto la fornitura di beni di consumo da fabbricare o da produrre. Di contro, sono esclusi dall’ambito applicativo della disciplina in parola i contratti di somministrazione aventi a oggetto energia elettrica, gas, acqua eccezion fatta, per il caso dell’acqua e del gas, in cui siano confezionati in un volume delimitato o in una quantità delimitata. La legge (art. 128 cod. cons.), inoltre, definisce il bene di consumo qualunque bene mobile anche da assemblare: non sembra che la precisazione che il bene debba essere, appunto, “di consumo” serva a restringere l’ambito applicativo della disciplina in parola, poiché il bene è tale per il sol fatto che sia stato acquistato da un consumatore.

La vendita di beni di consumo diverge sotto svariati profili rispetto a quella generale prevista dal codice civile. In particolare, si introduce la nozione di bene conforme al contratto. Si tratta di un’innovazione di non poco conto introdotta nell’ordinamento giuridico: la nozione di conformità al contratto è volutamente ampia e in grado di comprendere le più svariate ipotesi di vizi e difetti di cui il bene può essere affetto; vizi e difetti che, altrimenti, risulterebbero regolati in modo frammentato. Lo stesso legislatore, peraltro, contempla alcune presunzioni di conformità del bene al contratto, e segnatamente: l’indoneità all’uso cui beni dello stesso tipo sono destinati; la rispondenza del bene alla descrizione fatta dal venditore e la sussistenza delle qualità presentate nel campione o nel modello presentato al consumatore; la sussistenza delle qualità abituali di un bene dello stesso tipo; l’idoneità all’uso particolare voluto dal consumatore, portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e da questi accettato. L’elencazione delle ipotesi di conformità appena menzionate, secondo l’opinione prevalente, ha natura esemplificativa e non tassativa: ciò comporta che, in via interpretativa, è possibile ritenere che il bene non sia conforme al contratto anche nel caso in cui non ricorra alcuna delle medesime. Alla luce della circostanza, inoltre, che la normativa è finalizzata a tutelare il consumatore, tradizionalmente si ritengono valide le pattuizioni con le quali le parti intendono dar rilievo a circostanze ulteriori rispetto a quelle espressamente previste. Di contro, per la medesima ragione, non sembra valida la pattuizione volta a escludere la rilevanza di una delle ipotesi menzionate.

Non è, tuttavia, chiaro se la conformità al contratto costituisca un’autonoma obbligazione del venditore o se, piuttosto, essa si riferisca alla consegna o se, ancora, debba essere qualificata in termini di speciale garanzia prestata dal venditore.

In ogni caso, quale sia la tesi cui si aderisca in ordine alla qualificazione della natura giuridica, il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. L’opinione prevalente è nel senso che la responsabilità in parola sia di natura contrattuale, con conseguente applicazione del regime di cui agli artt. 1218 ss. c.c.; anche aderendo a tale tesi, peraltro, occorre tener conto della circostanza che detta responsabilità si fonda sul solo presupposto del difetto di conformità e, pertanto, è oggettiva.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sul contratto di vendita, gli obblighi nel contratto di vendita, la tutela del compratore, la garanzia per evizione, la garanzia per vizi, la vendita di cose altrui, la vendita di cose future, la vendita di beni di consumo.

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