Il Contratto di Franchising

Post on 24 Novembre 2015
by Avv. Nicola Ferrante

Il contratto di franchising (altrimenti detto di affiliazione commerciale) costituisce un particolare contratto di distribuzione: esso consente di commerciare al dettaglio i prodotti attraverso la creazione di una rete di punti di vendita indipendenti, dislocati in diverse parti del territorio nazionale o internazionale e accomunati da un’immagine comune, tale da far apparire ciascuno di essi come elemento di un’unica catena. Si tratta di un contratto espressamente regolato dall’ordinamento: la legge n. 129 del 2004 contiene un’analitica disciplina dei tratti salienti del negozio in oggetto.

In particolare, con il contratto di affiliazione commerciale una parte, detta affiliante, concede in disponibilità dell’altra parte, detta affiliato, la disponibilità di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale verso un determinato corrispettivo. In tal modo, l’affiliato è inserito in un sistema costituito da una pluralità di affiliati sul territorio, al fine proprio di commercializzare i beni o servizi prodotti o prestati da parte dell’affiliante. Presupposto imprescindibile perché possa configurarsi il contratto in oggetto è costituito dalla circostanza che affiliante e affiliato siano, ciascuno, soggetti indipendenti tanto economicamente quanto giuridicamente. Ne consegue che non rientrano nella nozione di franchising contratti stipulati da soggetti legati da un vincolo di subordinazione, né da società facenti parte dello stesso gruppo: ove, infatti, dovesse sussistere un rapporto di subordinazione, troverebbero applicazione le norme dettate in materia di lavoro subordinato; ove, di contro, dovesse trattarsi di società facenti parte dello stesso gruppo, non potrebbe propriamente dirsi ricorrente il requisito dell’indipendenza economica dei soggetti.

Già dalla definizione prima fornita emerge che i punti vendita dei membri della rete sono caratterizzati, di solito, dai segni distintivi imposti dall’affiliante, con la conseguenza che l’immagine comune così costituita comporta la necessità di garantire la massima uniformità dei servizi offerti.

Con riguardo alla forma di tale contratto, l’art. 3 della legge n. 129 del 2004 espressamente prevede che essa debba consistere in quella scritta, a pena di nullità. Si tratta di una previsione derogatoria rispetto al principio generale di libertà, al fine verosimilmente di tutelare il contraente debole (l’affiliato).

Sempre a sua tutela, inoltre, la legge prevede che il regolamento contrattuale predisposto dalle parti debba avere un contenuto minimo essenziale. Più nel dettaglio, da esso devono risultare l’ammontare degli investimenti e delle spese di ingresso che l’affiliato deve sostenere, le modalità del calcolo del corrispettivo dovuto all’affiliante, le caratteristiche dei diritti e dei servizi offerti dall’affiliante, nonché la disciplina in materia di rinnovo, risoluzione e cessazione del contratto (art. 3 legge n. 129 del 2004). La legge, peraltro, non specifica le conseguenze che sono destinate a prodursi nel caso in cui il regolamento contrattuale non disciplini i profili appena evidenziati. Mentre, infatti, nel caso della forma scritta è esplicitato che la sanzione in caso d’inosservanza è la radicale nullità del contratto, nessuna previsione è dettata con riguardo al contenuto.

Ulteriore profilo di tutela del contraente debole emerge, inoltre, dall’analitica disciplina prevista per l’adempimento degli obblighi informativi: l’art. 4 della legge n. 129 del 2004 espressamente prevede, infatti, che almeno trenta giorni prima della sottoscrizione del contratto l’affiliante debba consegnare all’aspirante affiliato copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato da numerosi allegati (tra i quali, quello contenente l’indicazione dei principali dati relativi all’affiliante, l’indicazione dei marchi utilizzati nel sistema, l’illustrazione degli elementi caratterizzanti l’attività oggetto del contratto). Il legislatore, tuttavia, ha taciuto in ordine all’individuazione delle possibili conseguenze derivanti dall’inosservanza degli obblighi di informazione. Unica disciplina in parte concernente la violazione degli obblighi di informazione è dettata dall’art. 8 della legge n. 129 del 2004, a norma del quale se una parte ha fornito false informazioni, l’altra può chiedere l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 c.c. e il risarcimento del danno. Da ciò, secondo un orientamento, deve ritenersi che l’art. 8 contempli le uniche conseguenze giuridicamente discendenti dalla violazione degli obblighi informativi.

Con riguardo al corrispettivo dovuto da parte dell’affiliato, va osservato che le forme tipiche di pagamento sono costituite dal diritto di ingresso e dalle royalties. Precisamente il diritto di ingresso consiste in una cifra fissa, rapportata anche al valore economico e alle capacità di sviluppo della rete, che l’affiliato versa al momento della stipulazione del contratto. Le royalties, di contro, consistono nella percentuale che l’affiliante richiede all’affiliato commisurata al giro d’affari del medesimo o in quota fissa, da versarsi anche in quote fisse periodiche (art. 3, legge n. 129 del 2004). L’infelice formulazione letterale della disposizione ha destato talune critiche, poiché non è chiaro come si concili, da un lato, la circostanza che la percentuale delle royalties sia parametrata sulla base del giro d’affari dell’affiliato e, dall’altro, che essa possa essere pure consistente in una quota fissa. Sembra che la norma debba, allora, essere letta nel senso che, in linea di regola, la percentuale di royalties sia effettivamente determinata in ragione del giro d’affari dell’affiliato ma che, di contro, qualora quest’ultimo non superi un tetto minimo stabilito, l’affiliato debba corrispondere all’affiliato una percentuale fissa, determinata nel regolamento contrattuale predisposto dalle parti.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sul contratto di franchising e sulle caratteristiche del contratto di franchising.

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